I TRE GIORNI DEL LEONE

di Giulia

18/08/XXXX

Mare azzurro,nessuna nuvola in cielo, un lieve venticello che attutisce ’afa di Agosto. Giornata perfetta insomma, annunciata dal cinguettio di un passero, andato a posarsi sul davanzale di una finestra aperta, di quella grande villa sulla scogliera. Il lieve venticello scuoteva le tende dai colori infuocati (dal rosso, all’arancio, al giallo). L’interno della stanza ricordava un po’ un rifugio africano, con maschere, scudi e lance della tribù Africana dei Masai. Una libreria piena di libri sugli animali di tutto il mondo e anche libri di lettura, che parlavano di mondi lontani. Sulle pareti foto e poster di ogni tipo. E lungo una parete un letto occupato da un ragazzo dalla pelle scurissima, quasi nera. Per terra un libro intitolato “La Mia Africa”. Le lenzuola, anch’esse in tema con la stanza, ricadevano dal letto, lasciando scoperto il petto muscoloso di lui. Sul comodino vicino a lui, un leone intagliato nel legno, un coltello dalla lama smussata, una lampada con paralume decorato con motivi a fiamma e una foto, che ritraeva il proprietario della stanza insieme ad altri 6 amici, una ragazza dai biondi capelli dorati, un neonato in braccio alla ragazza e una persona anziana.

Il cinguettio del passero sul davanzale, destò il ragazzo dal suo sonno. Si sul letto per un po’, in modo da uscire completamente dal torpore e riordinare le idee. L’insistente cinguettio del passero attirò la sua attenzione e facendo posare i suoi neri occhi sulla finestra aperta, dove il piccolo aspettava paziente. Con un sorriso si alza e, da un cassetto del comodino, prende un sacchetto pieno di briciole, per poi avvicinarsi alla finestra e offrirne un po’ al piccolo amico.

Pyunma. Non si sa il suo cognome. Forse non l’ha mai avuto, ma che . Aveva il suo nome. Aveva i suoi 22 anni. All’apparenza almeno, perché in realtà potrebbe anche averne 30 o 40. Per lui il tempo è fermo.

Non invecchia. E dal giorno in cui ha cominciato quella vita, fatta di a rotta di collo, che non invecchiava. Anni prima, quando aveva veramente 22 anni, fu catturato per essere venduto come schiavo. Ma fuggì, promettendo di tornare per liberare la sua famiglia, anch’essa schiava.

Fuggendo però, finì in un “gioco” più grande e più tremendo della schiavitù.

Fu catturato dai Fantasmi Neri e trasformata nel cyborg 008. Ha conosciuto i nuovi compagni, che condividevano lo stesso destino, anche loro cyborg.

Poi era fuggito di nuovo, dichiarando guerra a quei mostri che lì avevano in quel modo. In strumenti di guerra. E ancora adesso li combattevano.

-Quanto tempo è passato da allora?- si chiedeva, guardando il mare fuori finestra, con aria pensierosa e triste. Già quanto. Non lo ricordava più ormai.

Il passero scuote il giovane dai suoi pensieri, beccandogli dolcemente la , in segno di ringraziamento per le briciole, per poi volare via. Di nuovo Pyunma si mette a guardare. Questa volta il passero che si allontana in volo, seguendolo finché non scompare alla sua vista. Il dolce sciabordio del mare e l’odore salmastro del mare, lo svegliano del tutto.

Con un agile scatto scende dal davanzale, presso cui si era seduto, e le braccia sopra al testa, stirando i muscoli e uscendo definitivamente dal torpore mattutino.


TOC….TOC (pardon la poca originalità dei suoni NdG).


-Ehi! Black Boy? Sei sveglio, vero? No perché io vorrei tornare di sotto che ’è la partita, anziché stare qui come un fesso a parlare ad una porta- la gentile voce di Jet, da dietro la porta, lo saluta allegramente e gli fa comprendere che è tardi. Con una risatina divertita apre la porta della sua stanza. Di fronte a lui il più carismatico del gruppo dei cyborg: Jet, alias 002. Naso da “Pinocchio” e capelli rossi sparati all’indietro. Il tutto condito con un carisma da far invidia a un comico di prima classe.

-Si sono sveglio. Ma come mai sei venuto tu a darmi la sveglia?- chiese al rosso, uscendo e avviandosi con lui al piano di sotto.

-Preferivi che fosse una certa e dolce francesina? Magari con la colazione un bel vassoio e tutta accondiscendente?- -Non sarebbe una cattiva idea-

-Piantatela di fare i cretini- urla dalla cucina l’interessata. Françoise, 003, una cyborg dall’orecchio lungo. Veramente lungo.

-Tranne l’ultima parte. Ci tengo alla pellaccia io- specifica divertito , entrando nella cucina.

-Ecco. Bravo- Joe, alias 009, anche lui un cyborg. Il più veloce di loro e più forte. Meglio non farlo arrabbiare, se si vuole restare vivi.

Soprattutto se si trattava della principessa della casa. Erano la coppia del , anche se non volevano che si sapesse in giro. Cosa un po’ difficile in quel posto. Consumavano la loro colazione seduti fianco a fianco, apparentemente senza nessun contatto fisico particolare. Ma bastava gettare, attentamente, l’occhio sul tavolo per vedere le dita di lui, giocare sul sottile polso di lei.

-Come se non li vedessimo?- ridacchia “Pinocchio”, dirigendosi in salotto, la TV annunciava l’inizio della partita. Con un sorriso divertito, anche Pyunma si siede a tavola, dove troneggiano i resti di una colazione multi-etnica. Servendosi il caffè si guarda intorno e aguzzando l’udito in cerca degli altri. A parte Jet in salotto, che esultava all’ingresso della squadra che tifava, non c’era nessun altro. Bhe! Se si esclude il piccolo che galleggiava dalle parti del soffitto.

-Gli altri dove sono?- chiese un po’ disorientato. Quella casa era il regno teste matte. Di solito c’era un gran battibecco dal primo mattino.

-Sono già usciti tutti. Hanno degli impegni un po’ qui e là. Credo che impegnati per qualche giorno. Anche io e Joe andremo via nel fine settimana. Accompagniamo Gillmore ad una convention sulla cibernetica e Ivan verrà con noi. Quanto a Jet, non né ho idea- La risposta della ragazza lasciò amareggiato il giovane africano –Possibile che l’abbiano dimenticato tutti?- si chiedeva bevendo il caffè e ascoltando Jet che incitava la sua squadra e lanciava imprecazioni agli avversari.

-Ah! Stavo per dimenticarmene. Ha telefonato il tuo amico guardiano. Voleva come stavi e quando saresti tornato a trovarlo- concluse “Giulietta” alzandosi per sparecchiare la tavola, seguita dal suo “Romeo”.

-Potresti prendere un aereo oggi pomeriggio a andare in Africa da lui.

Tanto, in questo periodo i Fantasmi Neri non si sono fatti sentire e quindi ’è calma piatta. Poi nei prossimi giorni immagino che non ci sarà nessuno, qui alla base. Cos’hai da perdere?-

-Già. Cos’ho da perdere? E’ evidente che se lo sono dimenticato. Pazienza.

Festeggerò laggiù. In fondo mi manca la mia Africa- e con questo pensiero in , Pyunma si dirige all’ingresso, dove telefona all’aeroporto e prenota il primo volo del pomeriggio per il Congo.

Una giovane coppia ridacchia in cucina, per il loro progetto ormai in atto.

La fase uno è completata.

-Noi andiamo a prepararci. Ci vediamo tra qualche giorno- saluta lei, in braccio il piccolo genio, seguita a ruota dal compagno.

-Siamo sicuri che andiate col professore e non per conto vostro?- per tutta , una scarpa di lei, colpisce la “proboscide” del rosso.

Quest’ultimo ridacchia divertito, massaggiandosi la parte lesa.

Sempre malinconicamente, Pyunma chiama l’amico in Africa, per informarlo sua visita.

-Pronto?- la voce risuona dall’altra parte del telefono.

-Ciao. Sono io, Pyunma-

-Pyunma. Che bello risentirti. Come stai?-

-Bene. Françoise mi ha detto che mi cercavi- -Si ma nulla d’importante. Manchi un po’ al piccoletto qui. Nient’altro.

Allora quand’è che verrai a trovarci? Non mi dire che la salvezza del mondo, tiene talmente occupato da non poter vedere i tuoi vecchi amici?- -Ti ho chiamato appunto per questo. Prendo il primo volo del pomeriggio dall’aeroporto di Osaka. Dovrei arrivare da te in serata- -Sicuro? Quando che non è importante se vieni o no, ma fatti sentire ogni tanto-

-Non c’è problema, davvero. I Fantasmi Neri non si fanno sentire da giorni e ognuno se ne va per i fatti propri. E poi…mi manca l’Africa. Ho voglia di risentire lo spirito selvaggio della mia terra natale- -Quand’è così. Ti vengo a prendere all’aeroporto- e chiude la comunicazione.

Con aria grave, si dirige al piano di sopra, dove prepara la valigia e nel prende il volo per il Congo.

Il volo scorre tranquillo, anche troppo in quel momento. Pyunma guarda le fuori dal finestrino. Sembravano panna montata. Era ancora sconsolato per quel fine settimana. Voleva trascorrerlo con gli amici, festeggiare con loro. Invece era su quel volo. Ma non era tanto il tornare a casa che lo sconsolava, quanto il fatto che l’avessero dimenticato tutti. Con un profondo sospiro rassegnato, distoglie lo sguardo dal panorama sottostante.

Ora, si potevano vedere le vette della catena dell’Himalaya. Le aveva viste volte con il Dolphin 2. Una volta avevano anche compiuto una missione su quelle vette. Prese una rivista dal porta giornale di fronte a lui, mettendosi a leggere, senza tuttavia vedere le parole. Era solo per far passare il tempo. Dopo un buon numero di ore di viaggio, il pilota annunciò l’arrivo sul versante africano e l’imminente atterraggio. Pyunma guardò fuori e un sorriso gli si stampò sul volto. L’Africa. La sua terra natale.

Eccola lì, sotto di lui, al di là della fusoliera dell’aereo. Bella, , incontaminata. Dall’alto dei cieli ricordava una freccia, quasi ad indicare l’origine delle cose. Da quel continente selvaggio, milioni di anni prima, gli uomini si erano sparsi per il mondo. E da lì era cominciata anche la sua storia. Ora ne faceva ritorno. Col cuore colmo di nostalgia. Ma anche esultante di rivedere quelle terre, i suoi amici e gli animali che tanto ama.

-Ben tornato a casa, Pyunma- lo saluta l’amico, una volta arrivato.

-Grazie. E’ bello essere qui- ringrazia accomodandosi a bordo della jeep.

-Immagino che sarai stanco, dopo il lungo viaggio. Ho chiesto a Janete [1] prepararti un bel pasto abbondante-

-Grazie. Sei un amico-

-Figurati-

-Come va alla riserva?-

-Tutto a posto. Nessun problema, nessun scocciatore…e nessuna rivolta- l’amico, ricordando l’ultima visita del cyborg di colore, in cui il loro leone, Baruma [2], si era rivoltato contro i guardiani e gli umani, dopo aver subito un intervento al cervello da parte dei Fantasmi Neri.

-Meglio così- sospirò guardando la selvaggia africa con tutti i suoi colori e la savana, con la sua rada vegetazione e gli animali che correvano liberi in quei posti. Amava quelle terre e si sentiva parte di esso. Soprattutto amava gli animali. Aveva anche conseguito una laurea a Nairobi, proprio per questo amore verso la natura. Il tramonto africano sembrava rispecchiarsi in una pozza d’acqua. Aveva un fascino selvaggio come tutto lì. E lui amava tutto quello.

-Che silenzio. D’accordo che non sei un tipo di molte parole, a qualcosa raccontarmi non ti pare?-

-Appena arriviamo alla base. Non mi va di raccontare tutto due volte- -Come vuoi. Ah! Stavo per dimenticarmene. Una delle leonesse è incinta e il piccolo dovrebbe nascere a giorni. Potresti visitarla per sapere le condizione del cucciolo?-

-Certo, nessun problema. Ho una laurea da veterinario in fondo. Se non la per queste cose per casa la uso? Come decorazione per la mia stanza?- -Ah!Ah!. Bhè! Almeno potresti vantartene. Non sono molti i veterinari di colore-

-Questo è vero-

Tra un risata e l’altra arrivano alla riserva. Ad accoglierli una giovane di colore con i capelli raccolti in tante trecce.

-Ben arrivato. Immagino che sarai stanco?- -Già. Grazie dell’accoglienza-

-Figurati. Sei di casa qui-

Tra una chiacchierata e un'altra, arriva l’ora di andare a dormire. Sdraiato sua branda, Pyunma ascolta i rumori notturni della savana. Da qualche parte, non lontano da lì, alcune Iene si preparavano a banchettare con una carcassa di qualche animale. La natura non perdonava. In quelle terre selvagge vigeva al legge del più forte. Lentamente si addormenta, pensando che in quel momento, i suoi amici cyborg, saranno da qualche parte a divertirsi. Il giorno dopo avrebbe dato una mano nella riserva e avrebbe visitato la leonessa.



Capitolo 1


Il mattino dopo si prospettava sereno e molto caldo, come molte da quelle . La stagione secca si avvicinava e l’acqua cominciava scarseggiare.

Gli animali si radunavano in tanti piccoli branchi, pronti a dirigersi verso pozze d’acqua. E naturalmente i predatori li seguivano, pronti ad un ricco banchetto. La calura era molto più intensa lì, in quelle terre selvagge, che non alla villa sulla scogliera. Il mare sottostante rendeva sopportabile il sol leone. Ma lui era abituato al clima secco di quelle parti. Era pur sempre la sua terra natale, il luogo dove era nato e cresciuto, anche se la frescura del mare e il rumore delle onde contro la scogliera, in quel momento gli mancavano un po’. Ma non era il momento di pensare a queste cose. Era un altro giorno e alla riserva c’era da fare.

Aveva anche promesso di visitare quella leonessa. Si. Sarebbe stata una movimentata.

Era sveglio dalle prime luci dell’alba. La luce di quelle parti era molto già da quell’ora e, siccome le finestre della sua stanza non erano fornite di tende, la luce l’aveva svegliato. Non aveva nemmeno provato a riaddormentarsi, nonostante la sera prima avesse fatto tardi.

Era solito passare lunghi momenti di silenzio a meditare o semplicemente ad ciò che lo circondava. E quello non era da meno. Osservava la natura che lo circondava con tranquillità, come tipico della sua indole. Ma non poteva restare lì molto. C’era del lavoro da fare.

-‘giorno a tutti-

-Buongiorno. Spero che la nottata sia andata bene- -Un po’ afosa, ma tranquilla. Dov’è?-

-Mio marito è già uscito. Aveva alcune cose da sistemare in città. Mi ha di dirti che hai tutta la mattina libera, per fare un giro qui intorno-

-Grazie, Janete. Mh! Sei un’ottima cuoca-

-Grazie-

La colazione, povera ma sostanziosa, fu consumata lentamente dal ragazzo di . Si fece raccontare di come andavano le cose lì alla riserva, i suoi alti e bassi, i fatti esilaranti successi durante dei giri di ricognizione nella zona e quelle spiacevoli.

-Così siete a corto di fondi-

-Già. Ecco perché è andato in città. Spero di ottenere un prestito, in modo rimetterci in carreggiata, ma fino ad ora non è andata molto bene- -Potevate chiedere a me. Vi avrei dato volentieri dei fondi. Non dimenticare che in passato anch’io lavoravo qui-

-Si lo so. Forse non voleva sentirsi in obbligo nei tuoi confronti. Comunque preoccuparti. Troveremo una soluzione- Pyunma osserva quella giovane, dal temperamento tanto forte. Era anche molto brava a non far trasparire troppo le proprie emozioni, ma lui aveva capito lo stesso, che le cose non andavano come le aveva descritte lei. Forse la situazione era più critica di quanto volesse far intuire.

Esce all’esterno, dove la pesante calura lo investe violentemente in pieno . Il sole accecante lo costrinse a farsi ombra con la mano. Piano, piano si riabitua a quella luce tanto forte, dopo la piacevole penombra della casa della coppia. Resta un po’ sull’uscio, guardandosi intorno cercando qualcosa da fare, nella mattinata. Il suo amico era in città e Janete sembrava non volersi allontanare dalla riserva. Inoltre, la questione finanziaria della riserva gli aveva messo un po’ d’ansia addosso. Era preoccupato per l’amico e per quel posto. Si diresse sul retro dove tenevano tutti gli attrezzi che servivano per la manutenzione dell’edificio e per sedare gli animali, nel caso ci fosse bisogno di visitarli, oltre naturalmente a dei teli per coprire la jeep che usavano per muoversi nella riserva e uno scooter a quattro ruote (non so come si chiamano di preciso NdG). Tolse il polveroso telo dallo scooter e, dopo aver riempito il serbatoio con una delle taniche li presenti, mette in moto e si dirige in piena savana.

Il rombo del motore accompagna i pensieri del cyborg di colore. Vorrebbe l’amico, ma al momento non sa proprio come fare. Continua il suo giro, sperando di farsi venire qualche idea per aiutarlo. Gli animali lo guardano con curiosità mentre passa. Non l’avevano mai visto da quelle parti e se l’avevano visto, non lo riconoscevano perché passato molto tempo da quando era stato lì l’ultima volta.

Si ferma nei pressi di un grosso albero. Hai suoi “piedi”, al riparo dal cocente, ci sono dei leoni e diverse leonesse. Pyunma riconosce subito quella incinta. E’ l’unica con il ventre voluminoso e il leone, il capo branco, lo guarda minaccioso mentre la protegge. Sorride. Adora quegli animali. Li trova meravigliosi. Anni prima ne aveva anche allevato uno: Baruma. Pensando a quel leone, il volto del giovane si rattrista. Era morto per salvarlo, nonostante avesse lui stesso cercato di fermarlo, per fermare la rivolta che aveva scatenato dopo l’intervento dei Fantasmi Neri. Rimette in moto, dirigendosi verso il rifugio. Non aveva un orologio con sé, ma aveva imparato a leggere le ore in base alla posizione del sole. In quel momento era a picco sulla sua testa. Era mezzogiorno pieno. E la calura era aumentata notevolmente. Neanche lui, nonostante fosse abituato a quei luoghi, poteva sopportare il sol leone africano.

Quando arriva alla base, vede subito la jeep dell’amico parcheggiata davanti ’ingresso. Lascia lo scooter sul retro e lo ricopre di nuovo col telo, per poi dirigersi all’interno dell’edificio di cemento. Gli bastò un’occhiata, per capire che le cose in città, non erano andate bene. Il suo amico si teneva la testa tra le mani, chino sul tavolo, con aria affranta.

Janete era ai fornelli, ma non concentrata su quello che faceva. Stava affettando delle verdure con una carota e nella pentola dell’acqua, anziché la pasta, sporgeva il manico di un coltello. Nonostante sapesse benissimo della tragica situazione dell’amico, non riuscì ad evitare un risolino divertito a quella scena, annunciando la sua presenza in casa. E facendo rendere conto a Janete di quello che stava combinando, facendola arrossire non poco.

-Scusa non ti ho sentito arrivare-

-Lascia stare. Janete mi ha detto la situazione della riserva. Perché non ti rivolto a me? Ti avrei dato i soldi senza problemi- -Non volevo darti problemi. Né hai già troppi di tuo con quei….maledetti terroristi, che non mi sembrava il caso di aggiungerne un altro- -Sei un vero amico. Ma non sarebbe stato un problema. Oggigiorno basta che vai alle poste, firmi un acconto per la riserva e in 5 minuti i soldi sono nel vostro fondo cassa. 5 Minuti per aiutarvi li trovo in qualche modo- -Allora com’è che non telefonavi mai?-

-Avrebbero potuto rintracciare le telefonate. Non volevo coinvolgervi- un lungo silenzio, in cui si sente solo Janete che affetta le verdure col coltello, mentre nel forno a legna, cuociono dei panini di crusca.

Nessuno dice nulla. Nessuno so come continuare la discussione. Sono tuttiper quella situazione, per la riserva e i suoi animali. Se la riserva chiude, i bracconieri andranno a nozze e gli animali verrebbero uccisi, solo per il gusto di farlo, lasciando le loro carcasse agli avvoltoi ed estinguendoli. C’erano molti animali in via d’estinzione li. Si erano assunti il compito di proteggerli. L’unico modo per non chiudere la baracca sarebbe di dichiarare la riserva, parco nazionale, ricevendo così fondi dal governo in maniera costante. E a questo che pensava Pyunma, mentre aiutava Janete a preparare la tavola e a sfornare il pane. Il suo amico era troppo abbattuto per pensare ad altro. Decise che nel primo pomeriggio avrebbe visitato la leonessa incinta e sarebbe andato subito dopo in città. Aveva unamico, conosciuto a Nairobi, che poteva dargli una mano. Lavorava per ilgoverno, nel settore per la salvaguardia ambientale. Aveva ricevuto giorniprima una sua lettera, in cui lo invitava ad un dibattito a favore deiparchi nazionali e si svolgeva proprio nella città accanto. Sembrava quasiche fosse stato tutto programmato. I suoi amici che sparivano per ilweek-end, il suo amico che lo chiamava, la difficile situazione economicadella riserva, il dibattito in città di quest’altro amico. Coincidevanotutti con quel giorno. La cosa li parve strana. Ma non volle indagare.

-Ho visto la leonessa oggi, mentre facevo un giro. A prima vista sembratutto a posto, ma devi trovare un modo per allontanare il leone. Non credoche ci lascerà avvicinare alla compagna, senza sfoderare zanne e artigli--Chi? Oroai? Si in effetti a un gran caratteraccio, ma basta poco per farloallontanare. Quanto alla leonessa, Shiva, è molto docile, almeno con me. Tiaccompagno, così sta tranquilla-

-A te ti conoscono, a me no. Non sarebbe strano se mi attaccassero. Anche sesono…quello che sono, non sono completamente invulnerabile alle lorozampate-

-Me ne sono accorto quella volta che ci fu la rivolta. Quando ti vidiconciato in quel modo, mi meravigliai non poco. Pensavo fossi invulnerabile--E invece non lo sono. Sono solo più forte e più resistente di una personanormale. Oltre al fatto che posso stare sott’acqua per tempi lunghissimi,troppi persino per dei campioni di apnea. Su. Ora basta con questi discorsi.

Finiamo il pranzo e andiamo subito da Shiva, con tutto l’occorrente per unbel check-up completo. E il necessario per allontanare gli altri leoni--Come mai tutta questa fretta?-

-Quando studiavo a Nairobi ho conosciuto un ragazzo, che ora lavora per ilgoverno, nel settore per la salvaguardia ambientale. Oggi fa un dibattito incittà sui parchi nazionali. Volevo andare da lui e chiedergli un piccoloaiuto. Magari riusciamo a combinare qualcosa e salvare la riserva--Non voglio scomodare nessuno-

-Figurati. E’ il suo lavoro. E’ poi mi deve un favore. Gli ha datoripetizioni per due anni consecutivi. Non sarebbe lì, se non l’avessiaiutato-

-Così riscuoti il debito?-

-A dire il vero non ho mai voluto riscuoterlo. E’ un amico e lo facevovolentieri. Ma so che lui non si sentirebbe a posto con la coscienza, se nonripagasse il favore in qualche modo. Quindi gli faccio un altro favore--AHAHAH. E così né altro in ballo-

-E chi lo sa. Intanto godiamoci la cucina della bella Janete. E’ una cuocainsuperabile-

-Non provarci con mia moglie, amico-

-Ma figurati. Non voglio rovinare nessuna coppia-E tra una risata e l’altra, il pranzo prosegue allegro. Pyunma raccontatutte le scaramucce familiari e i vari litigi tra Jet e Albert, chefiniscono sempre con una rissa e coinvolgono anche il resto del gruppo delgruppo a volte. I tentativi di tutti di spiare la coppia del momento, primadi un’uscita romantica e tutto il casino che ne derivava per sorprenderli,se riuscivano a eludere il loro fortino di nasi curiosi. Insomma, tuttequelle cose che rendevano sopportabile la loro condizione di cyborg, cherendevano movimentati i pochi momenti tranquilli. Sia Janete che il suoamico, ridono di cuore sentendo quei racconti e immaginandosi la scena. Pertutta la durata del pranzo e delle chiacchiere, il problema della riservavieni archiviato, lasciando il posto ad un’allegra combricola di amici, chesi diverte, dopo un lungo periodo di assenza.

Dopo il pranzo sono tutti rincuorati, dalle allegre chiacchiere. Il pranzoera sostanzioso e creava un piccolo stato di sonnolenza nei presenti allatavola. Pyunma aiutò Janete a sparecchiare, per poi lasciarla andare ariposare. Il caldo, unito al pranzo, le davano sonnolenza. Aveva anchelavorato tutto il giorno. Un po’ di riposo non guastava. Lui invece era uncyborg. Non risentiva di quegli effetti.

-Ehi! Dobbiamo andare dalla leonessa. Ora--Si. Ok. Prendo subito i narcotizzanti e tutto l’occorrente medico pervisitare Shiva. Tu prepara la jeep-

-Ti aspetto fuori. Non metterci molto. Prima la visito, prima vado in cittàe chiudiamo questa storia-

Si dirige all’esterno. Come al solito il sole accecante lo costringe acoprirsi gli occhi per un po’. La jeep è li, ferma davanti all’ingresso. Siavvicina e mette una mano sul sellino del guidatore. Scotta parecchio. Ilsol leone africano era veramente micidiale. Tornò dentro e prese due teli,che sistemò piegati sul sedile. Due minuti dopo uscì il suo amico. Teneva unfucile in una mano e nell’altra una borsa da medico un po’ rovinata. Dallatasca del giubbotto spuntavano delle fraccette narcotizzanti. In testa uncappello e una borraccia pendeva su un fianco.

-Hai tutto?-

-Sì. Possiamo andare-

Misero in moto la jeep e si diressero subito alla radura dei leoni. Tuttigli animali si erano andati a rifugiare all’ombra, nell’attesa che la seraportasse un po’ di refrigerio. Altri invece si muovevano senza problemi. Ileoni erano fermi lì, all’albero. Oroai scattò subito in piedi, vedendo lajeep fermarsi poco distante dal branco. Mostrò le zanne in segno diavvertimento. Né Pyunma né il suo amico si fecero impressionare da lui. Duefrecce narcotizzanti colpirono lui e la leonessa, addormentandoli epermettendo a Pyunma di avvicinarsi tranquillamente alla leonessa, con laborsa medica. Gli altri leoni si misero in guardia. Non lo conoscevano e laloro reazione era più che normale. Ma conoscevano il fucile e finché quelloera carico, stavano fermi.

Pyunma tirò fuori dalla borsa lo stetoscopio (si chiama così l’apparecchioper sentire il cuore vero? NdG) e ascoltò il battito del cucciolo che dovevanascere e quella della madre, per verificare che stessero bene tutt’e due.

Con mano abile, tastò la pancia controllando la grandezza del feto e la suaposizione nell’utero della madre.

-Tutto a posto?-

-Nessun problema. Sia il piccolo che la madre stanno bene. La gravidanza asolo un po’ indebolito shiva, ma nessun ‘altra complicazione. Basteràdargli un po’ di questo-

Iniettò alla leonessa un liquido, vitamine diciamo così, per rafforzarne ilfisico, un po’ indebolito dalla gravidanza. Dopo di che prese le freccenarcotizzanti, sparate dall’amico e torna alla jeep. I due leoni sisarebbero svegliati a momenti. Veloci si allontanano, mentre i due leoni sisvegliano tranquilli.

-Nessun problema?-

-Te lo detto. Stanno bene tutt’e due. Il parto non avrà complicazioni eShiva si riprenderà alla grande-

-Un nuovo cucciolo per la riversa. Magari la sua nascita darà una mano inpiù-

-Chi lo sa. Ora andiamo in città. Andremo insieme alla conferenza. Conoscimeglio di me la situazione della riserva e quindi il più idoneo a esporre lasituazione-

-D’accordo. Speriamo solo che serva a qualcosa-Senza aggiungere altro si dirigono in città. Il cocente sol leone africanorende l’aria incredibilemte pesante. L’aria sembra percorsa da un’unicagigantesca pozza d’acqua. Pyunma rimpianse di non essersi portato dietro uncappello. Il desiderio di aiutare l’amico, gli aveva fatto fare unadimenticanza apparentemente da nulla, ma di vitale importanza nella savana.

Mai come in quel momento desiderava essere alla casa sulla scogliera etuffarsi in mare, dalla cima della scogliera, come amava fare nei momenti dipace, da quando era diventato un cyborg.

Il viaggio non fu particolarmente lungo, ma ai due amici sembrò tale per viadella calura, che rendeva insopportabile stare all’aperto.

Finalmente si intravide la città. I due trassero un sospiro di sollievo.

Anche se erano originari di quelle parti, il caldo di quel giorno, eratroppo persino per loro. Pyunma, a differenza dell’amico, riusciva asopportarlo un po’ meglio, ma l’amico reclamava un po’ di refrigerio. E nonsolo lui. nche la macchina reclamava una pausa. La situazione era davveroassurda. E Pyunma non poté non ridere. In soli due giorni era capitato ditutto. Non si poteva dire che si annoiava.

-Niente è andata- disse con disappunto l’amico entrando nel bar. Avevanotrovato un meccanico disposto a revisionare la jeep. Si erano anche fermatial bar non molto distante da li, per bere qualcosa di freddo. Ora l’amicoera rientrato, ma con pessime notizie.

-Pazienza. Vorrà dire che useremo i mezzi pubblici. Prendi pure qualcosapago io- e si alzò dirigendosi alla cassa, dopo che l’amico ha fatto la suaordinazione. Decise di aspettarlo fuori e né approfittò per andare luistesso dal meccanico a vedere cosa non funzionava nella jeep. Poteva ancheessere roba da niente. Non sarebbe stata la prima volta che incontrava deimeccanici incompetenti. Fortuna che Joe era l’esperto di motori nellasquadra e qualche piccola lezioncina a riguardo se l’era fatta dare. Siaccorse, a quel punto, di non aver pensato alla squadra per tutta lagiornata, tanta era l’ansia per la situazione dell’amico. Arrivò dalmeccanico e dovete constatare di persona che questo, non era un incapace. Ilmotore era andato per davvero. Si scusò col meccanico che prese quellavisita un po’ malaccio e raggiunse l’amico, che usciva in quel momento.

-Dov’è la conferenza?-

-In centro. Se ci sbrighiamo riusciamo a parlargli prima dell’inizio-Presero il tram proprio in extremis e arrivarono, come previsto e sperato,prima della conferenza. Pyunma riconobbe subito l’amico dell’università.

Attirò la sua attenzione, salutandolo allegramente dall’altra parte dellasala.

-Pyunma. Quanto tempo. Come stai?- lo salutò con una vigorosa stretta dimano.

-Vedo che la tua presa non si è di certo indebolita, Al. Ti presento Lucas.

Fa il guardiano a una riserva-

-Piacere. Lavoro anch’io in un ambiente analogo--Si lo so. Pyunma me l’ha detto. Ed è per questo che mi ha trascinato qui.

Ho un piccolo problema…-

-…che forse puoi aiutarci a risolvere-

-Mh! Sediamoci e raccontatemi tutto con calma-Si sedettero nella saletta dove, di lì a pochi minuti, ci sarebbe stata laconferenza. Lucas spiegò per filo e per segno tutta la faccenda. Come eracominciata, i suoi tentativi di risolvere la situazione, la situazioneattuale. Tutto minuziosamente. Giornalisti ed esperti di ogni calibrointanto, entravano nella saletta e non poterono non notare il trio. Alcuni,quelli più “raffinati”, storcevano il naso vedendo Pyunma e Lucas, cheparlavano con Al. Quest’ultimi infatti, non solo non erano in tenutaelegante, come si conveniva a quelle conferenze, ma erano anche impolveratie sembravano non curarsene.

-…e questo è quanto. Allora. Qualche consiglio? Non voglio scomodarenessuno-

-Prima di tutto ti dico che ti sei comportato da idiota. Dovevi chiedereaiuto prima. La situazione è tragica, ma non ancora irrisolvibile. Ci mettosubito un buona parola, ma voi due restate qui, ok?--E dire che queste cose le dico io di solito- scherzò Pyunma, mentre Alprendeva posto, dietro il leggio e tirava fuori dalla sua borsa degliappunti. Prese una penna dal taschino e segnò un’annotazione. Accese ilmicrofono e dopo una piccola prova, cominciò.

-Buongiorno a tutti. Sapete tutti chi sono, quindi non mi presenterònemmeno. Ma se c’è qualcuno che non mi conosce, io sono Al Kaspov. E’ unnome che può risultare strano, ma è il mio e ci dovrò convivere ancoraparecchio (risatina generale). Come sapete, la conferenza sarà volta al temadei parchi e delle riserve di questo paese, così inospitale all’apparenza,ma molto più accogliente di New York di sicuro (altra risatina).

Inaspettatamente, oggi, ho qui un ospite. Lo so non era previsto dalprogramma, ma è qui. Si tratta di Lucas (indica il nuovo amico). E’ ilguardiano di una riserva, in questo momento in grave crisi economica. Habisogno di fondi o rischia la chiusura, dando il via libera, ai cacciatoridi frodo, alla caccia incontrollata e permettendogli di uccidere alcuniesemplari di specie animali dichiarate protette (brusio generale)…-La conferenza andò avanti per due ore abbondanti. Al espose il problemadella così come l’aveva presentata Lucas, parola per parola. Epose infinel’importanza di quei parchi e il perché della loro presenza in tutto ilmondo. Alla fine uscirono tutti, con non pochi mormorii. Chi commentava, chiappoggiava quanto detto, chi invece andava contro. Ma nessuno se ne andò insilenzio.

-Se fanno tanta confusione, vuol dire che qualcosa si è mosso- constatòPyunma, mentre i partecipanti uscivano ordinati.

-Dici? A me sembra di aver fatto un disastro. Non sono mai stato un grandeoratore-

-Beh! Ora lo sei stato. E se provi a dire il contrario mi senti, ok?--Ok, ok. Volete qualcosa? Offro io-

-No dobbiamo rientrare. Janete ci starà aspettando per cena--Posso accompagnarvi fino alla macchina?--A dal meccanico. Dall’altra parte della città--Vi accompagno fin là-

Andarono nel parcheggio, dove trovarono il furgone di Al, anche quello messomalaccio, ma decisamente meglio della jeep. Sembrava che anche lui, avessefatto la sua personale guerra con le strade rotte e piene di buchi.

-Non lasciatevi influenzare. Fila ancora bene. E’ solo la carrozzeria darifare-

-Solo?- L’interno non era messo di certo meglio.

-D’accordo tutta. Ma ora vedete di salire a bordo-Senza aggiungere altro, Pyunma e Lucas salgono a bordo. Lucas giurò di avervisto un topo morto sotto il sedile del guidatore. Ma si rivelò essere unpanino vecchio di qualche mese. Al non fece nemmeno tempo a salire al suoposto, che due uomini in nero lo afferrarono per una spalla, facendolovoltare. Pyunma, vedendoli, si stupì non poco e si augurò che non loriconoscessero. Fece un grande sforzo per mantenersi calmo e indifferentealla loro vista, ma non era facile. Ancora bruciava il rancore verso quegliuomini, che l’avevano trasformato in quel modo. Si chiese che ci facevano lìe che volevano da Al. Lucas non sapeva niente di loro, ma aveva visto lamano di Pyunma chiudersi a pugno, fino a far sbiancare le nocche. Stavacercando di non farsi notare. Neanche a lui piacevano quegli uomini. Nonavevano un’aria rassicurante. Anche Al si innervosì alla loro presenza. Laportiera della macchina era ancora chiusa e né Pyunma né Lucas, potevanosentire cosa si dicevano. I due uomini parevano nervosi, irritati. Al inveceera spaventato, ma era anche deciso a non cedere a un ricatto, cheprobabilmente gli stavano lanciando. Alla fine i due uomini si allontanano eAl, dopo che sono spariti con la loro macchina nera, sale in macchina,sbattendo dei pugni sul volante.

-Chi erano quelli?- il tono di Pyunma era molto fermo, ma si sentivachiaramente una viva nota di nervosismo.

-Esattori. Ho alcuni debiti da riscontrare-

-Non mentire, Al. Non a me. Conosco quegli uomini. Ho avuto a che fare conloro anni fa- sul volto di Al si dipinge una grande incredulità –Nonfraintendere. Non ero uno di loro. Ma li sto combattendo da tempo. Ora.

Dimmi ciò che ti hanno detto-

Lo sguardo deciso del cyborg di colore, convince Al a raccontare deicontinui ricatti dei due. Volevano specie in via d’estinzione, per farnedelle cavie. Lui era contrario, ma non riusciva più a rispondere ai loroattacchi. Aveva paura. Nessuno disse nulla, alla fine del racconto. Pyunma,invece, elaborava già un piano. Non avrebbero rifatto, quello che avevanofatto a Bruma, tempo prima. Si fece dare tutte le istruzioni del caso.

Quella stessa notte, avrebbe agito.


20/08/XXXX

 

La notte nera e silenziosa, faceva da teatro in quella parte della savana,piena di rocce e arbusti secchi. Piccole rocce nere, sfidavano quelle seccheterre, dal terreno pieno di crepe e spaccature a causa della siccità. Qui,una formazione rocciosa, era fuori posto. Era più grande delle altre e laforma era stranamente regolare. Davanti si trovavano uomini armati, incostante all’erta. Stavano fermi, guardando davanti a loro con i fucilipronti a far fuoco, nel caso i loro avversari più agguerriti si facesseroavanti. Erano nervosi. Molto nervosi. Quella notte era molto più scura diquelle precedenti e non si vedeva oltre la punta del proprio naso. La lunaera assente, quindi la sua fievole luce non rischiarava quella neraoscurità. Il che era favorevole ad una snella figura, che scivolavasilenziosa, avvicinandosi alla roccia, alle spalle delle guardie. Indossavauna vestito rosso, con una lunga sciarpa gialla e una borsa a tracolla.

Stava giocando da kamikaze e lo sapeva, ma non era riuscito a chiamarerinforzi. Non aveva voluto coinvolgere nemmeno i suoi due amici. Rischiavanotroppo. Lui era un cyborg. Le sue capacità erano superiori a quelle di unapersona normale. Inoltre. Aveva già dato un’occhiata  alla zona, ore prima,durante la via del ritorno. Quella roccia si trovava a metà strada tra lacittà e la riserva.

-Forse era meglio se aspettavo una risposta al messaggio che ho lasciato-Per una volta, la sua proverbiale calma era venuta, temporaneamente meno. Mail tempo era agli sgoccioli. Loro non avrebbero più aspettato unacollaborazione da parte di Al. D’altronde sarebbe stato strano, sel’avessero fatto. Non si sarebbe stupito più di tanto, se avesse scopertoche agivano già da tempo.

 

#Flashback#

Al, Lucas e Pyunma procedevano silenziosi, lungo le affollate strade dellacittà. Il caldo si era un po’ affievolito, ma era comunque molto intenso.

Specie nelle città, dove il calore delle auto si unisce a quello giàpresente, aumentandolo. Al sta accompagnando i due amici verso l’officina,dove avevano lasciato la macchina a riparare. Nessuno diceva nulla. Pyunmagià lavorava ad un piano, ma li mancavano alcuni elementi, per poternerealizzare uno veramente efficace.

-Tutto bene? Mi sembri preoccupato?- Al era chiaramente scosso per larivelazione dell’amico di colore, ma non voleva indagare. Aveva le sue granee gli bastavano.

-Sto pensando. E’ strano che loro cerchino di ottenere la tuacollaborazione, per i loro progetti-

-Pensi che abbiano già agito?-

-Sicuramente Lucas. Anzi. Non mi meraviglierei se avessero già preso deglianimali e gli avessero già usati come cavie. Sarebbe da loro-Al ascoltava con attenzione. Il tono dell’amico gli suonava diverso,rispetto a quando vivevano a Nairobi. Allora era calmo, rilassato epaziente. Ora invece è deciso, autoritario e nervoso, ma allo stesso temposicuro. Pyunma non aveva mai parlato di sé. Era un tipo riservato esilenzioso.

-Siamo arrivati. Al lasciaci pure qui- erano arrivati dal meccanico, ilquale li informò che il motore era da rifare. Completamente fuso. Non era dicerto una bella notizia, considerando che la jeep era l’unico mezzo adattoper la perlustrazione e la protezione della riserva. Il meccanico,comprensivo, indirizzò i due verso un altro meccanico, in modo da farsostituire il motore. Ringraziarono e seguirono il carro attrezzi chetrascinava la gloriosa jeep, dal prossimo meccanico.

Lasciato da quest’ultimo, recuperarono l’attrezzatura lasciata a bordo etornarono alla riserva in compagnia di Al. Era stato gentile. Senza la jeepi due non avevano modo di tornare alla riserva. Al era felice di poteraiutare l’amico. Inoltre, avrebbe anche dato un’occhiata a questa riserva eavrebbe raccolto elementi in più, per aiutare Lucas ad evitare la bancarottadefinitiva. Il caldo della savana restava comunque soffocante e il furgonedi Al, minacciava di raggiungere la vecchia jeep, da un momento all’altro.

-Siamo sicuri che questo trabiccolo reggerà?--Ora non né sono più così sicuro-

-Sei consolante sai-

Tra una battuta e un’altra, Pyunma osservava le aride distese della savana,pronto a cogliere qualsiasi particolare strano. A metà strada tra la riservae la città, infatti, trovò le tracce delle ruote di un camion.

-Al. Al, fermati. Fermati subito-

-Va bene. Va bene sta calmo-

Il furgone si ferma e il cyborg salta giù, seguito dallo sguardo perplessodei due amici. Esamina le tracce e constata che sono molto recenti. Di nonpiù di un’ora fa o due. Trasportava qualcosa di pesante e procedeva in linearetta.

-Voi restate qui. Vado a controllare una cosa- e partì in quarta, seguendole tracce dei pneumatici.

-Stai scherzando vero? Qui c’è da friggersi il cervello. Pyunma! Niente èandato-

-Tranquillo. Sa quel che fa. Evidentemente c’è qualcosa che l’hainsospettito e sta andando a verificare-

-Ma come diavolo fa a conoscere quei tizi? A detto che li combatte da tempo,ma da quanto esattamente?-

-Da anni, Al. Da anni. Loro sono responsabili della morte di uno dei nostrileoni-

E la discussione continuò. Lucas spiegò cos’era successo, quando c’era statala rivolta degli animali. L’intervento di Bruma e le sue conseguenze. Pyunmae gli altri cyborg che avevano cercato di far smettere tutto, senzaricorrere a mezzi estremi. Insomma tutto il casino derivatone. Non dissenulla sulla natura cibernetica dell’amico. Non gli avrebbe creduto.

Intanto Pyunma aveva seguito le tracce ed era arrivato nei pressi di unagigantesca roccia.

-Deve essere questa- pensava osservandola da una distanza di sicurezza–hanno usato il solito schema standard, ma questa volta non sono stati moltoabili. Rocce di quelle dimensioni non si trovano da queste parti- Decise diesaminare la zona. Senza Françoise non poteva sapere quanto era grande equanti uomini c’erano. Una volta alla riserva, avrebbe chiamato gli altri.

Nel frattempo avrebbe raccolto un po’ di informazioni. Contò 15 uomini diguardia, di cui 7 concentrati all’unico ingresso disponibile.

-Accidenti. Un solo ingresso e nessuna via d’uscita. Con 006 non dovrebberocomunque esserci problemi- prese una piccola macchina fotografica digitale escattò delle foto alla zona, per poi tornare dai suoi due amici, di corsa.

-Spero di non avervi fatto aspettare troppo. Ora di corsa alla riserva--Ok, ma si può sapere che hai trovato?-

-La base di quei maledetti. Devo chiamare il resto della squadra. Spero soloche non si siano già mossi- Era tremendamente nervoso. Aveva quei tizi sottomano e non poteva sistemarli. C’era anche da dire che da solo non avrebbepotuto nulla. Lungo il tragitto esaminò le foto della macchina fotografica.

Una volta arrivati, Janete si meravigliò un po’ vedendo arrivare quelfurgone sgangherato e non la jeep. Lucas presenta Al alla moglie, che felicelo accolse in casa, offrendogli qualcosa di fresco.

Pyunma tira fuori dalla sacca uno strano apparecchio e lo accende,mettendosi subito al lavoro. Digita sulla tastiera comandi e numeri inordine ben preciso. Sono comandi per mettersi in contatto con la base e/o ilDolphin II. Usavano quel sistema ogni volta che erano in missione. Sempre.

Al osserva l’amico di colore trafficare con la tastiera di quello stranoaggeggio. E’ totalmente concentrato sul lavoro, per badare ad altro. Lostupisce più che altro la sicurezza con cui preme sui tasti, come se fosseuna cosa di tutti i giorni, una cosa normalissima. Come bere un bicchiered’acqua, diciamo così. Lo osserva con grande meraviglia e domande e dubbisul quell’amico, tanto misterioso già di suo, affollano la mente delpolitico. Anche Lucas lo osserva, meravigliandosi ancora una volta,dell’abilità del cyborg di colore, nell’uso di apparecchi così complessi.

Non poté evitare di paragonarlo ad un agente del FBI o a qualunque altrospecialista anti terrorismo.

-Accidenti. Non risponde nessuno- Dopo numerosi tentativi di contattare icompagni, il cyborg aveva lasciato perdere, massaggiandosi le tempie.

Sperava che qualcuno fosse rientrato nel frattempo. Ma evidentemente non eracosì. Invia, tramite e-mail, le foto raccolte, insieme a un resocontopreciso della situazione e un’immediata richiesta di intervento. Il tuttocriptato in modo che, solo una volta arrivata nel computer centrale dellabase, potesse essere letto senza rischi.

-Pyunma. Cosa succede?- Al era tremendamente nervoso. Quell’amico checonosceva da tanto, ora gli sembrava un perfetto estraneo.

-Cose di tutti i giorni. Scusa Al, ma non posso parlartene- rispose con ungran sospiro il ragazzo di colore, tornando ad esaminare le foto, in cercadi idee su come muoversi. Gli mancavano ancora degli elementi per muoversi.

Un urlo terrorizzato, proveniente dall’esterno, fece scattare i 3 amici, chesi precipitarono all’esterno. Janete era prigioniera dei due uomini in nero,visti al parcheggio della sala conferenze.

-Eheh! Allora aveva visto giusto. Quello schifoso negro, sul sedilepasseggero eri tu?- Quell’affermazione fece infuriare l’interessato –Sai. Tue i tuoi compagni siete una vera seccatura. Non ci rovinerete il pianoquesta volta- punta la pistola alla testa della ragazza, che trematerrorizzata.

-“Maledizione. Speravo di poter giocare sul fattore sorpresa” Lascia andareJanete. Lei non centra-

-Perché togliersi la soddisfazione di vederti in ginocchio, eh!- e spara uncolpo che colpisce in pieno un gamba di Pyunma. Il giovane cade sulla gambadolorante e sanguinante e guarda l’aguzzino con odio. Questo, invece, sembrasoddisfatto e spara altri colpi, mirando al petto e al busto. Pyunma cadeall’indietro, ferito, sotto lo sguardo terrorizzato dei presenti.

-Pyunma- Al e Lucas fanno per avvicinarsi all’ amico agonizzante, ma vengonofermati da quest’ultimo che si rialza un po’ a fatica, ma vivo.

-Ma che?!-

-La pelle corazzata è davvero utile. Non ho potuto evitare le ferite, maalmeno non sono morto. E credimi quei colpi potevano uccidermi benissimo-In preda alla rabbia, l’aguzzino comincia a sparare a raffica, verso ilcyborg di colore. Questo parte all’attacco. I colpi lo feriscono e lo fannosanguinare, ma lui non si ferma. Con un gran salto evita l’ultima raffica,togliendosi i vestiti sbrindellati e rivelando la sua divisa rossa. Estraela pistola e appena tocca terra, spara un colpo alla testa dell’avversario,passandolo da parte a parte, uccidendolo. L’uomo resta in piedi agonizzante,con il sangue che gli esce dalla ferita. Pyunma ne approfitta per liberareJanete ed allentarla, prima che l’uomo le crolli addosso, morto.

Al era rimasto bloccato, vedendo l’azione dell’amico; ed era rimastoterrorizzato dalla velocità e freddezza con cui Pyunma aveva uccisoquell’uomo.

Pyunma si avvicinava ai due amici reggendo la povera Janete ancoraterrorizzata, la quale, si butta subito tra le braccia del marito. Al non simosse. Non riusciva a capire quello che vedeva. Pyunma sanguinava ancora, masembrava non accorgersene. Quando il cyborg lo guardò, sussultòistintivamente.

-Non preoccuparti, Al. Non sei il primo che ha questa reazione vedendomi inazione. E’ normale. Anche se continua a far male. Ci sono solo abituato.

Ormai ho perso il conto di quanto tempo è passato da quando ho cominciatoquesta vita- pausa. Non sa come proseguire –Vedi Al. Il fatto è che io sonoun cyborg. Il mio corpo è meccanico. Ho ancora un cervello umano e delsangue in corpo. Ma quest’ultimo è artificiale. Mi spiace non avertene maiparlato, ma non sapevo come affrontare l’argomento-Cala il silenzio. Nessuno sa più cosa dire, specialmente Al. Il suo amicodell’università è un cyborg. Non sa cosa pensare. Ogni fibra del suo esseregli dice di scappare, che è pericoloso. Ma il suo corpo non reagisce e lasua mente è ancora confusa. Sapeva che quello che aveva davanti era lastessa persona che, all’università, gli dava ripetizioni. E sapeva ancheche, quello che gli aveva appena detto, era la pura verità.

-Da quant’è che…?-chiese. Non riuscì ad evitare che la voce tremasse. Nonvoleva far vedere che aveva paura. Pyunma avrebbe comunque capito chel’amico era terrorizzato. Con sguardo grave rientra in casa, dove comincia afasciarsi. Per fortuna sono solo danni superficiali.

-Non vorrai andare laggiù da solo vero?- Lucas era rientrato sorreggendo lamoglie ancora stordita ed aiutandola a sedersi. Era preoccupato per l’amico.

Anche se era un cyborg, aveva imparato che aveva i suoi limiti…e sentimentiveri, umani.

-Se non risponderanno, credo di sì-

-Se non sbaglio sei tu lo stratega del gruppo. Dovresti sapere che un’azionedel genere è un suicidio-

-Abbiamo fatto tutti qualche pazzia, in cui abbiamo rischiato la pelle. Ionon sono da meno. Anche se sono il più razionale nel  gruppo--Se chiamano mentre non ci sei, che dico?--La verità. Tanto il piccoletto lo scoprirebbe comunque-Tira fuori l’armamentario e comincia a regolare i vari detonatori, dapiazzare sul plesso centrale e nei vari locali. Ancora una volta Al e Lucasnon possono evitare di osservare l’amico di colore e la sua abilità nelmaneggiare quegli apparecchi tanto complessi.

A sera non era ancora arrivata nessuna risposta. Pyunma tentò ancora perdiverse volte, ma non ottenne risposta da nessuno dei suoi compagni. Ormaiprossimo alla mezzanotte, Pyunma si avvia alla base dello Spettro Nero.

#Fine Flashback#

Controllò di avere tutto l’occorrente, per poi controllare di nuovo laposizione delle guardie. Erano ancora lì e sembravano non volersi muovere,ma si vedeva chiaramente che avrebbero preferito essere da un’altra parte.

Non solo perché l’uomo che era scappato nel pomeriggio, doveva averliavvertiti; ma anche perché la savana di notte era ancora più implacabile epericolosa. Se non sapevi muoverti, non sopravvivevi. Restava fermo dietrola roccia ad aspettare il cambio di guardia. Non sapeva come funzionassel’ingresso e l’unico modo per entrare, senza far scattare l’allarme, eraaspettare quel momento. Voleva giocare sul fattore sorpresa. Essendo da solonon poteva sferrare un attacco in grande. Era un suicidio.

Dopo 10 minuti ci fu il cambio di guardia. L’ingresso si aprì, illuminandoquella notte scura. Le guardie all’esterno si affrettarono ad entrare,mentre i loro compagni, li sostituivano un po’ riluttanti. Sapere che eranolà fuori, pronti a fare irruzione, non li rendeva certo molto coraggiosi.

Senza aspettare altro, Pyunma uscì allo scoperto e li stordì con pochicolpi, per poi salire sull’ascensore e scendere nella base. La discesa parvemolto lunga, mentre invece durò appena un paio di minuti. Scendevalentamente e i cardini cigolavano sinistramente, come arrugginiti. Intantoil cyborg analizzava, ancora una volta, le  sue possibilità e si diede dellostupido. Doveva aspettare ancora un po’ prima di intraprendere quell’azione.

Ma ormai era fatto. Non si sarebbe tirato indietro.

L’ascensore giunse al piano. Le porte si aprirono. Le guardie all’interno simeravigliarono di trovare lui e non i propri compagni. Ma non ebbero iltempo di meravigliarsi più di tanto, che il cyborg di colore li stese.

Quelli più lontani dall’ingresso, dopo il primo momento di sorpresa,cominciarono a rispondere al fuoco, costringendo Pyunma a nascondersi dietroun macchinario. Si sporse appena, quanto bastava per osservare l’atrio senzaessere colpito. I Soldati Neri erano qualche decina ed aumentavano. Perarrivare al plesso centrale c’era una sola strada, che da bravi scemi,avevano pure evidenziato con un cartello. Non poteva farsi largo solo acolpi di laser, così rovistò nella borsa e tirò fuori una granata accecante.

Si mise un paio di occhiali scuri e lanciò la granata, accecando tutti ipresenti per pochi istanti. Più che sufficienti per metterli fuori gioco conil laser, in modalità mitra. Scattò verso il corridoio continuando a spararealle altre guardie, che si riversavano nell’atrio. Ancora pochi colpi eanche loro erano fuori gioco.

-Per essere una base minore, è ben difesa- constatò dirigendosi continuandolungo il corridoio principale. L’eco dei suoi passi risuonavanopaurosamente, in quel posto e ben presto furono coperti da passi piùnumerosi e pesanti, che fecero sussultare il cyborg di colore. Da dietrol’angolo spuntarono un centinaio di robot giganteschi. Erano identici aquelli sfrontati all’inizio della loro battaglia, quando scapparono dallabase, presso cui erano stati “costruiti”. I passi si avvicinavanovelocemente. Si guardò intorno e notò una porta semiaperta, evitando così,la colossale truppa. Rimase contro lo stipite della porta, finche il rombodei loro passi non si fu allontanato a sufficienza e solo a quel puntoosservò la stanza, presso cui si era rifugiato. La stanza era un laboratorioe un brivido gelido, percorse il suo corpo cibernetico, al ricordodell’intervento che l’aveva reso ciò che era ora. Bisturi, divaricatori ealtri attrezzi chirurgici era lì, sterilizzati e pronti ad essere usati.

Appesi ad una parete i progetti per dei nuovi cyborg. E non solo umani.

Lungo la parete opposta, si trovava una pesante porta di titanio, aperta, dacui usciva una densa nuvoletta di ghiaccio. Una cella frigorifera. Con nonpochi sforzi l’aprì e subito le luci automatiche si accesero. All’interno,lungo entrambi le pareti della cella, capsule ovali erano disposte inverticale e tutte ricoperte da un densa brina. Si avvicinò ad una, perplessoe incuriosito. Vide, attraverso lo strato di ghiaccio, quella che sembravauna lastra di vetro. Con la mano scostò il ghiaccio e si paralizzò, vedendociò che nascondeva. Dentro la capsula si trovava un ragazzo di 15-16 anni.

Sopracciglia e ciglia erano coperte di ghiaccio e le labbra erano bluastre.

Tremò ma non per il freddo, bensì per la rabbia. Tolse il ghiaccio anchealle altre la rabbia crebbe. Contò in tutto tre ragazzi e due ragazze.

Alcune erano vuote. Trovò una stanza, attingente a quella e anche quic’erano delle capsule, questa volta disposte in orizzontale. Tolse anche daqui il ghiaccio che li ricopriva. All’interno c’erano degli animali,anch’essi congelati. Koala, Leoni e altri dichiarati protetti, in viad’estinzione.

-Vedo che hai già trovato il nostro magazzino?!- una voce calda e sensuale,destò la sua attenzione. Ma non si scompose. Non mostrò la sua meraviglia néla sua rabbia. Normalmente una voce come quella, avrebbe ispirato fiducia,tranquillità e anche l’aspetto della persona l’avrebbe fatto. Giovane,elegante, ma non troppo; non troppo elegante e un orecchino all’orecchiosinistro.

-Non vi bastano i volontari che  vi mandano. Perché dovete rapire altragente?- Il suo tono era calmo, ma nascondeva un gran furore.

-Rapire? Ma no. Questi ragazzi mi hanno seguito volontariamente. Tuttiquanti. Certo quando hanno scoperto cos’era esattamente questo posto, sisono spaventati e si sono fatti prendere dall’isteria. Ma poi si sonocalmati. E ora sono qui, sotto ghiaccio- Il tono malato fece accapponare lapelle, soprattutto la calma con cui era stata pronunciata la frase.

-Insomma li hai ingannati-

-No. Ho solo aggirato il loro consenso. In fondo, cercavano un modo per farsoldi-

-Almeno hai idea a che cosa servivano?-

-Per le loro famiglie a quanto mi hanno detto. Mentre loro stanno lì, io limando a loro quanto volevano. Di solito non siamo così…buoni, ma non voglioproblemi con le autorità. In questo modo non andranno a cercarli. E poi,quando saranno come te, non potranno dire di non aver fatto quello chevolevano-

-Io preferirei essere ancora umano e morire di fame, piuttosto che esserecondannato a questa vita- una voce ferma e tagliente si intromise neldiscorso, mentre il rumore di un caricatore metteva in allarme, il giovanescienziato.

L’uomo si voltò stupefatto, trovandosi davanti i tre amici più amici delmondo, con tanto di armamentario spianato.

-Ehi! Black Boy. Tutto bene? Non me l’aspettavo un azione decisione delgenere da parte tua. Poi sono io il kamikaze, eh?- Il solito tono sarcasticodel rosso, lo fece sorridere imbarazzato. Era vero. A volte l’aveva definitoun kamikaze, per via della sua natura impulsiva e irruenta, che metteva gliamici e gli altri al di sopra di se stesso. Ma in fondo era quello chefacevano tutti. Prima gli altri, secondi i compagni, ultimi noi stessi.

-Beh! Abbiamo fatto tutti qualche pazzia, in vita nostra no?- risposeriunendosi al gruppo e puntando anche lui l’arma verso il loro avversario.

-Non so cosa abbiate in mente, ma vi assicuro che non vi permetteremo diproseguire- la mano armata del tedesco si parò pericolosamente all’altezzadella tempia del giovane scienziato.

-Dov’è il plesso centrale?- chiese Joe, il più bello del gruppo. Fisicoatletico, sguardo magnetico e rassicurante. Il principe azzurro in persona.

-Figurati se te lo dico- rispose lo scienziato, con un ghigno malato.

-Niente da fare. Le funzioni vitali sono nulle. La temperatura era troppobassa per un ibernazione sicura. Sono morti assiderati- La voce calda diFrançoise, giunse dalla stanza accanto. Era piena di tristezza e di rabbia.

I quattro cyborg guardarono quel giovane tanto malato, con ancora piùrabbia. Un movimento improvviso e l’uomo riusì a lasciare la cellafrigorifera. Tempo di riafferrarlo, prima che lasciasse a lasciare la stanzae dalla gola dello scienziato saliva una densa schiuma, per poi crollare aterra morto.

-Avvelenamento da  cianuro. Almeno non dovrà sorbirsi le loro torture--E ora come lo troviamo quel maledetto plesso?--Dimenticate che ci sono io-

-Cosa faremmo senza questa bambola?-

-La vuoi smettere di chiamarmi così-

-Non credo che ce ne sarebbe comunque bisogno. I signori ci hanno tolto lanoia di cercarlo. Guardate. Hanno messo i cartelli--Che gentili. Ricordatemi di mandar loro un bel regalino a Natale-E senza altre chiacchiere, si avviano lungo il labirinto di corridoi,seguendo i cartelli. In pochi minuti arrivarono nel nucleo della base. Ancheil plesso era quello standard solo che, al centro c’era un flacone con unagoccia argentata che fluttuava a mezz’aria, dall’aria non moltorassicurante.

-Ahi! Mi sa che non sarà così semplice distruggerlo--Perché genio? Avanti perché? A me sembra solo una bolla di non-so-cosa. Nonmi sembra pericolosa-

-Vedi quella roba argentata la in mezzo? E’ antimateria. Quella quantità èsufficiente a distruggere tutta l’Africa e mezza Europa. Il suo poteredistruttivo è 1000 volte superiore ad una bomba H-La spiegazione di Pyunma fece rabbrividire letteralmente i presenti. Allaluce dei fatti, era evidente che non potevano distruggere la base senzaprovocare dei morti. Sapevano tutti cos’è l’antimateria e si auguravano chenessuno la creasse. Ma a quanto pare, loro l’avevano fatto e la stavanousando come alimentatore della base, oltre che come sistema di sicurezza.

-C’è un modo per disinnescarla?-

-Si che c’è. Io e il professore abbiamo già avvertito le autorità, mandandoloro tutte le informazioni sulla missione. Arriveranno a momenti. 003.

Analizza la batteria di quel contenitore e controlla i perni centrali,presso cui è collegata. Basterà rimuoverla e una batteria supplementare cipermetterà di trasportarla all’esterno- La voce squillante ed autoritariadel più piccolo del gruppo, giunse chiara ed improvvisa, togliendodall’inghippo i cinque cyborg. Seguendo le istruzioni, riuscirono adisinserirla e a trasportarla verso l’esterno. Pyunma piazzò le caricheesplosive e le attivò, correndo poi all’esterno, insieme ai compagni.

Schizzarono a tutta velocità, lungo il lungo corridoio, mentre i timeravanzavano inesorabili. Riuscirono a prendere l’ascensore, appena un attimoprima che cominciassero le esplosioni. L’ascensore salì, con la solitavelocità. Jet pregava che arrivassero in tempo fuori. Nessuno soffriva diclaustrofobia, ma quella situazione era degna di una crisi. Giunsero fuoriappena in tempo per evitare di essere travolti dalle fiamme, ma non l’ondad’urto dell’esplosione. Per miracolo l’antimateria non toccò il cilindroentro cui si trovava e quindi realizzare una reazione a catena.

Due ore dopo giunsero le autorità locali, in compagnia di Al e Lucas.

Quest’ultimi erano preoccupatissimi per il loro amico di colore. Pyunmapresentò Al ai compagni, mentre una squadra speciale si mobilitò per portarel’antimateria,  in un centro di ricerca specialistico, dove studiavano, perl’appunto, l’antimateria.

Senza altre spiegazioni, i cinque cyborg salutarono e lasciarono l’Africa abordo del Dolphin II. Pyunma osservò la sua terra natia scomparire dietro lenuvole. Non poté di sorridere sarcastico. Ogni volta che cercava di tornarea casa, succedeva sempre qualcosa che lo costringeva a tornare su un campodi battaglia. Però sapeva di poter contare sui suoi compagni. Quel giorno neebbe un ulteriore prova, che rafforzò ancora di più il già enorme affetto,che aveva nei loro confronti.

 

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La luce del giorno fece prepotentemente capolino all’interno della stanza.

Pyunma si nascose la faccia nel cuscino cercando di riprendere sonno. Eranorientrati alle 2 di notte, esausti. Aveva salutato i compagni rimasti allabase, ansiosi di sapere cosa era successo. Si era infilato nell’ormaifamiliare letto, verso le 4, prendendo subito sonno. Ora quel solefastidioso l’aveva svegliato e cercava in tutti i modi di riaddormentarsi,ma con pessimi risultati. Si tirò a sedere sul letto. Guardò l’orologio cheteneva chiuso nel cassetto. Le 13.45. pensò che nonostante tutto avevadormito a sufficienza. Non aveva mai dormito fino a quell’ora. Ma la notteappena passata era stata molto movimentata e lui era esausto. Le suecentraline energetiche non erano certo al massimo. Ma poteva muoversi senzaproblemi per un paio di giorni. Notò che le sue ferite erano state sistematementre dormiva. Notò anche che la casa era avvolta nel più totale silenzio.

Eppure giurava di aver sentito rumore di stoviglie, quando la luce l’avevasvegliato. Si alzò e si avviò al piano di sotto. Il salotto, l’atrio, lasala riunioni erano completamente vuoti e silenziosi. Un po’ perplesso edeluso si avvia in cucina.

 

[PAF….PAF….]

-AUGURI- ad accoglierlo, appena varca la porta della cucina, una pioggia dicoriandoli e stelle filanti. Erano lì tutti quanti, intorno al tavolo dovetroneggiava un ricco banchetto e una torta al con fragole dall’ariainvitante.

La sorpresa fu tale che non disse nulla per un paio di secondi, ma poisorrise contento.

-Woo! Non me l’aspettavo una festa del genere--Credevi veramente che ci dimenticassimo del tuo compleanno, scemo?--Qui siamo una famiglia e ognuno va festeggiato come si deve, quando cade lasua festa-

-E poi, scusa. Se ce lo dimenticavamo, voleva dire che eravamo degliinsensibili-

-Oltre che dei traditori-

-E’ stata la nostra principessa, con il piccoletto a organizzare tutto--Ci serviva una scusa per farti allontanare per un paio di giorni e lachiamata del tuo amico è caduta a fagiolo. Così abbiamo finto di esserceneandati da tutt’altra parte, per preparare tutto--Complimenti. La sorpresa è stata davvero grande--Ho preparato tutto io. Ho superato decisamente me stesso oggi--Ehm! Io ho assaggiato durante la preparazione, per essere sicuro che noncombinasse qualche pasticcio-

-Ah! Ecco chi era il topo infingardo. Aspetta che ti prenda--Pietà, mastro cuoco. Perdona un umile golosone--AHAHAHAH-

E la festa cominciò, con tutta l’allegria della squadra a farle da contorno.

Niente regali ne musica. Niente balli ne giochi. La semplice presenza erasufficiente a rendere magico ogni compleanno. E poi c’erano già due coristiubriachi, a fare da colonna sonora e rendere ancora più allegra quellagiornata.

Pyunma si diede due schiaffi mentalmente per aver dubitato, anche solo perun secondo, che si erano dimenticati del suo compleanno. Ma che importava.

Ora era con le persona che  amava di più e non le avrebbe abbandonate.

Qualunque cosa fosse successa.

 

 

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20 AGOSTO!!!!!!!!!

Auguri Pyunma, anche da parte mia. Sei il principe nero dei Mitici. Tiadoro.

Auguri anche a mio fratello Giacomo, che compie anche lui gli anni oggi.

AUGURI PYUNMA, AUGURI GIACOMO. 10.000 DI QUESTI GIORNI.

© 15/06/ 2006

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